
Scritto da
Christophe Delrivo
Oggi non vi presento un caso clinico ma la spiegazione di un modello clinico che possa portare a capire perché, in alcuni casi, nonostante si sia effettuato un lavoro che ci sembra corretto e coerente, siamo delusi dal risultato e da quello che riferisce il paziente.
Essendo nell’ambito di un blog, i dettagli saranno specificati in un corso all’interno della scuola.
Per comprendere questo modello bisogna ritornare alla parte di corso di strutturale in cui si tratta la comparsa di una lesione e in particolare a quelle che abbiamo chiamato le variabili di ingresso, ma che avremmo potuto definire come le diverse possibilità di perturbare un sistema osteo-articolare, o ancora le diverse porte di accesso.
Se vi ricordate abbiamo visto:
- A) Porte di ingresso coscienti, diagnosticabili
- meccaniche
- neurologiche
- vascolari
- B) Porte di ingresso inconsce
- alimentazione
- stress
- componente psichica
Per esempio: una distorsione in seguito ad una brutta caduta sarà di origine maggiormente meccanica, mentre una distorsione che comporta la stessa distensione legamentosa che però si crea in seguito ad una semplice discesa dal marciapiede avrà una più probabile origine neurologica attraverso la perturbazione dell’informazione dovuta ad un problema di cerniera lombo-sacrale.


L’altezza totale delle tabelle rappresentate indica il potenziale utilizzabile di un sistema (in questo caso di un’articolazione). La linea che attraversa la tabella rappresenta il nostro stato di salute in un dato momento. Questa determina 2 zone diverse:
- quella bassa che è il nostro utilizzo di un sistema nel quotidiano
- quella alta che è il potenziale reale di questo sistema che non utilizziamo per n ragioni.
Più la linea della salute è bassa, maggiore è l’area di fragilità e più la zona di funzionamento normale è piccola; quindi una minima sollecitazione causerà lo scivolamento nella zona di fragilità e scatenerà l’apparizione della lesione osteopatica.
Immaginiamo ora il processo inverso, quello della guarigione
Se lo stato di salute di un soggetto in un dato momento è dato dall’insieme di più fattori, torniamo a quello che abbiamo visto inizialmente, cioè le porte di ingresso.
Per esempio in un problema dorsale superiore con:
- 50% problema meccanico
- 15% problema neurologico
- 30% problema psicologico
- 15% problema di alimentazione
In una situazione simile può succedere che, se si è il primo terapeuta ad intervenire, nonostante un buon lavoro osteopatico il paziente torni lamentando il ricomparire di tensioni sempre nella stessa zona dopo un momentaneo miglioramento.
È spesso sufficiente che, subito dopo essere stato da noi, un reumatologo prescriva farmaci antinfiammatori o che il paziente vada da uno psicoterapeuta, perché il paziente torni dicendo: “Ho visto un dottore e da allora ho più dolore” .
In questo caso non si è fatto un cattivo lavoro, ma per stare bene il paziente forse doveva essere al 60% e il 50% fatto da noi non era abbastanza. Il successivo 10% ha “vinto la partita”. Se l’ordine di intervento dei terapeuti fosse stato invertito, saremmo stati invece noi a passare per i risolutori del problema.
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